LA POESIA DELLA MATERIA LIGNEA SI MATERIALIZZA NELLE SUE OPERE. È UN AUTENTICO VIAGGIO TRA I CODICI PRIMORDIALI: GRAZIE ALLA SUA RICERCA FABIO SANTORI VIENE PREMIATO FRA GLI ARTISTI PIÙ IMPORTANTI A LIVELLO EUROPEO
Questa intervista fa parte del libro Profili d’Artista (Editoriale Giorgio Mondadori) uscito a dicembre nelle librerie.
Dov’è nato?
A Roma.
Quanti anni fa?
Quarantasei.
I suoi genitori che cosa facevano?
Mia madre la casalinga, mio padre l’operaio ora in pensione.
Dove vive?
A Pomezia.
A che età ha cominciato a fare arte?
Sono sempre stato attratto da tutto quello che poteva impegnare la mia creatività, ma a diciasette anni, partecipando ad un piccolo corso di pittura, ho capito che quello sarebbe stato il mio futuro.
Quali sono stati i suoi maestri o comunque c’è qualcuno o un movimento al quale si è ispirato?
Il mio primo maestro, a cui mi sono legato ed ispirato, è stato Giorgio Morandi, per la sua grande poesia pittorica e per l’apparente semplicità compositiva delle sue nature morte. Attratto sempre di più dalla materia pittorica mi sono avvicinato a Vincent Van Gogh, per poi passare a Paul Cèzanne, per carpire la sua lezione cromatica. Nel tempo mi sono tuffato nell’informale assorbendo e digerendo tutta la sperimentazione possibile.
Quando ha fatto la prima mostra?
Senza nessun pentimento ho cominciato, facendo parte di alcune associazioni culturali della mia città, esponendo per strada nel periodo natalizio. La prima mostra importante fu con i Cento pittori di Via Margutta.
La prima opera venduta?
Avevo diciotto anni e tutte le associazioni della mia città organizzarono una grande mostra presso il castello di Pratica Di Mare, partecipavo con un paesaggio e due nature morte. In mia assenza una mia ex insegnane di materie artistiche li volle comprare in blocco.
Cosa racconta la sua arte?
La mia arte racconta la poesia della materia lignea, una materia riportata a nuova vita perché recuperata da scarti di lavorazioni, pedane abbandonate per strada, tavole morte accanto a depositi della nettezza urbana. La mia arte, in modo inconsapevole, mi guida sempre verso il concetto della forma arcaica futura, perennemente in viaggio tra i codici primordiali della nostra esistenza.
Qual è stata l’emozione più grande nella sua attività artistica?
Aver vinto il premio internazionale Enrico Ferri, essere stato selezionato per partecipare al progetto Mediterraneo per il cinquantesimo dei Bronzi di Riace e quindi vedere una mia scultura sul tavolo della conferenza presso il Palazzo della Cultura Pasquino Crupi. Ma forse l’emozione più grande la provo ogni volta che, terminando un lavoro, capisco di aver scavato ancor di più dentro me stesso rivelando un’ennesima sfaccettatura del mio sentire.
I media e il pubblico influenzano la sua arte?
Non formalmente, forse in modo in- conscio assorbo le notizie e dopo un tempo indefinito le mie sculture riaffrontano tematiche ascoltate tempo prima.
Quando ha cominciato ad essere conosciuto?
Grazie ad un uso intelligente e mirato delle piattaforme di comunicazione come Instagram sto raccogliendo alcuni risultati.
Realizza le sue opere di notte o di giorno?
Tutta la parte preparatoria dal taglio del legno alla costruzione della forma avviene di giorno. Tutta la fase di creazione delle varie texture esterne la sera, mi aiuta a pensare.
Per lei l’arte è una fatica o una gioia?
Per me l’arte è una gioia, la gioia nel volare mentalmente, mentre lavoro, fantasticare nei miei pensieri e seguire con libertà le mie intuizioni. La fatica si fa sentire solo quando devo trasportare le mie sculture.
C’è un grande maestro del passato al quale lei guarda?
Ora non più. Guardo i libri dei grandi maestri solo per il piacere di vedere il loro operato artistico.
Quali sono i temi che lei ama di più?
L’arcaico che è un concetto che esce in modo naturale in ogni mio lavoro.
Se tornasse indietro rifarebbe l’artista?
Non ho scelto io di fare l’artista. Ho tentato di dedicarmi ad altro, ma la vita mi porta sempre davanti alla scultura. Però sì! Rifarei l’artista.
Quando ha terminato un’opera a chi la fa vedere per primo?
La pubblico sui social per vedere la reazioni di chi mi segue, per avere e creare nuovi contatti ma soprattutto perché ogni artista ha bisogno di far vedere la sua anima sotto forma di creazioni artistiche e perché fondamentalmente ha bisogno anche di questo.
È più sincero nella vita o nell’arte?
Non è che nella vita non sono sincero, sono solo stanco della falsità delle persone e poco mi metto in gioco con chi non può capire. Sono più sincero nell’arte perché solo l’arte riesce a capire e comprendere meglio il mio essere.
Se dovesse descrivere la sua arte in poche parole che cosa direbbe?
L’arte di Fabio Santori è diretta, arriva subito al punto, essenziale, apparentemente semplice ma dai contenuti profondi. O piace o non piace.
Quale sarà il passo successivo per la sua arte?
Fare arte e seguire la libertà delle mie intuizioni.