LA CREAZIONE DI CIO’ DI CUI SI SENTIVA IL BISOGNO
Il mio dialogo e la mia intervista con il maestro Monica Peltrera, per scoprire il suo nuovo modo di rispondere alla chiamata dell’arte
In che momento della sua creatività ritiene di essere?
Questa intervista cade in un momento perfetto spronandomi per un ulteriore passo avanti nel rispondere a quelle domande che da tempo, ovvero da quando il disegno e la pittura per una serie di fortunati eventi hanno bussato di nuovo alla mia porta, mi sono posta. Sì, perchè in questa nuova fase rispetto al mio periodo giovanile ho realizzato che non bastava piu’ la semplice gioia del disegno o del colore. Questo era quello che mi faceva passare ore su un foglio, su una parete, sulle tele approfittando all’epoca famelicamente di qualsiasi occasione, e così scenografie per l’operetta degli studenti negli anni di università (a Siena c’è una grande tradizione teatrale), un negozio da inaugurare, il mio primo concorso di bozzetti per la realizzazione del Palio di Siena, le recite dei figli in teatro, e tante altre occasioni. Nella maturità quello che faccio deve sempre rispondere alla domanda: ma di questa opera se ne sentiva il bisogno? Aggiunge qualcosa? Che è tutto un altro programma, tutta un’altra dimensione, tutta un’altra difficoltà per la sottoscritta. Perchè se la risposta è “sì” allora è giusto, allora vuol dire che ho fatto qualcosa che valeva la pena di realizzare.
Quale esigenza creativa segue?
Dal 2014 confrontandomi con le tele ho scavato a lungo dentro di me prima inconsapevolmente (poi racconterò di Fedora) poi realizzando che stavo cercando quello che lo scrittore Marco Missiroli (professore della scuola Holden di Torino in cui mi sono imbattuta grazie a mio figlio) chiama la ricerca della propria struttura sentimentale ovvero di quello strato solido e comune che permea e motiva tutto ciò che fai che sia scrittura o altro tipo di arte. Quello che ti fa creare cose di cui si sentiva il bisogno appunto. Una lettura nuova della propria arte che per me è stata illuminante e sulla quale ovviamente occorre lavorare perchè le due parole sono solo un punto di partenza, una guida che costringe a farsi domande e scavare dentro se stessi fino a trovare la base della propria creatività quella che una volta scovata non ti abbandonerà piu’. Missiroli mi conferma che occorre ancora studiare, farsi domande magari seguire il suo corso alla Holden appena possibile.
Quindi sente la voglia di andare oltre il saper disegnare e dipingere?
È arrivata la consapevolezza che alla fine l’arte mi ha sempre chiamata: disegno, canto, moda poi di nuovo pittura ma con la certezza che attraverso quest’ultima piu’ di tutto ho la possibilità di condividere con gli altri il mio punto di vista, cio’ che sento l’urgenza di sottolineare ma che non deve essere scontato o banale pur se semplice. Non mi basta saper disegnare bene o che mi dicano che sono brava, ho la necessità di dire qualcosa sempre, di raccontare e lo faccio partendo dalle cose che mi hanno emozionata formata nel bene e nel male.
Mi descrive il suo percorso di creazione?
Quando decido un soggetto da rappresentare ci scavo dentro, lo analizzo, lo studio, lo proietto da vari punti di vista e solo alla fine di questo percorso metto le mani sulla tela. Solo allora infatti, quando ho chiaro ciò che devo fare, posso iniziare ed andare avanti senza sosta fino alla firma. Un magico momento che puo’ durare giorni fatto di concentrazione, speranza, dubbio, fatica, paura, gioia e sofferenza. In questo lasso di tempo capisco che la pittura mi porta altrove e dico sempre che quando ritorno sono migliore!
Quando è iniziato tutto questo?
Il mio nuovo percorso, come accennavo, nasce nel 2014 con la mia prima opera della maturità ovvero “Fedora”. Un’opera a cui sono affezionata proprio perchè è stata la mia epifania: da li’ ho capito che potevo e dovevo dipingere. E’stata realizzata come in trance con un soggetto, il cavallo Fedora appunto, che ha vinto per la mia contrada, l’Oca, nel Palio di Siena del luglio 2007. Partendo da tutta la passione e gratitudine per la mia terra, per le emozioni che mi ha regalato (per la prima volta decido di usare la vera terra di tufo come fosse un colore) cerco di esprimere tutto il mio desiderio di libertà: la cavalla non ha fantino (“scossa” diciamo noi) e sembra scappare dalla tela con una corsa quasi scomposta. Rimango stupita quando gli altri la guardano e ne rimangono colpiti. Si susseguiranno altre tele che partendo dalla mia passione senese, con la quale faccio i conti evidentemente, raccontano di fantini alla vecchia maniera che vivono in simbiosi coi cavalli (Canapino), di donne tenaci e forti come Rompicollo che decide, imponendosi su tutto e tutti senza scrupoli, di correre in una competizione riservata solo agli uomini nel lontano 1957 o come santa Catarina Benincasa (ocaiola) che non ho certo bisogno di raccontarvi. Ma non c’è solo Siena, ancora non ho trovato la mia struttura. Ecco “Il Giudizio Universale (omaggio a De Sica)” che parte da un film del 1961 che ho voluto celebrare per la potenza e la leggerezza con cui mette in scena le debolezze del genere umano. Il quadro nasce per una mostra dedicata al colore giallo di Napoli ed in una Napoli gialla ecco l’uomo impaurito dalla fine del mondo e dalla voce di Dio che annuncia l’estremo giudizio. Ma ecco anche la nostra paura della pandemia (il quadro è del 2019) e la nostra forzata bontà di quel momento. In entrambe le situazioni, quella del film del 1961 e quella che abbiamo vissuto, dopo la paura tornerà tutto come prima. Ma c’è anche “Pseudobiblion”: lo spunto è una mostra che celebra de Crescenzo e la filosofia e questo mi apre un cassetto della memoria. Gli anni di liceo classico, la passione per la filosofia, il greco e poi letture come “Il nome della Rosa”. Dipingo una piccola tela come fosse un quaderno zeppo di appunti, voglio celebrare tutto cio’ che ho studiato e letto sottolineando l’insegnamento che ne ho ricevuto: l’importanza del sapere, dello studio, ma soprattutto del dubbio e del porsi domande. L’arte deve catturare il significato interiore delle cose. Il tutto finalizzato all’ apertura mentale non certo alla chiusura o alla censura come Gugliemo che si contrappone a Jorge sul secondo libro della poetica di Aristotele.
Nel suo percorso pittorico e artistico, fino ad oggi, che cosa può dire di aver compreso?
Quadro dopo quadro alla fine capisco che cerco me stessa e che desidero condividere le tappe di questo risultato con gli altri, con coloro a cui avrò dato emozione.